Carissime sorelle e carissimi fratelli in Cristo Gesù,
con la grazia del Signore celebriamo, anche quest’anno, il suo Natale. Gesù è venuto a cercarci: ne sentiamo il bisogno? Se sì, perché? Cerchiamo per favore di andare oltre una certa consuetudine che ci ha appiattiti in uno standard consumistico e alienante che ci costringe a saziarci di una cultura del carpe diem, del cogliere l’attimo fuggente, provocando ansia e spesso frustrazione.
Come persone, come esseri umani, sentiamo sempre il desiderio di qualcosa di più che non sia il possedere, ma il senso del vivere, la ricerca di qualcosa di forte, di bello, di pienezza, nonostante l’esperienza continua del limite, del dolore, dell’incapacità, della frustrazione. Diceva Sant’Agostino: «…il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te». Sì, è inquieto, il nostro cuore, soprattutto in questi giorni di pandemia.
Nel nostro quotidiano tante volte siamo cercati per interesse di qualsiasi tipo; cerchiamo la felicità lì dove non c’è; per esempio si ardisce cercare anche la pace dell’anima con il denaro. Abbiamo bisogno di cercare senso, pace, speranza, vita piena: ma come? Dove? Per noi cristiani nella imitazione e adorazione del mistero del Natale, del mistero di Cristo che ha lasciato l’infinito per incontrarci, facendosi finito e dicendoci che è venuto per condividere la nostra situazione, in casa nostra: «Il Figlio dell’uomo è venuto per cercare e salvare ciò che era perduto» (Lc 19,10). È venuto per rimanere con noi, lì dove rimanere significa condividere la vita, stare con noi, in noi, per noi. Dio ha deciso di integrarsi nella nostra terrestrità.
La gioia che provoca ed offre il Natale non è prima di tutto nostra, ma sua, pur nella drammaticità di una notte oscura, come è il nostro tempo, come sono i nostri giorni; nel silenzio che non è assenza di parole, ma pienezza di senso, di offerta, di dono; in una stalla dove il cielo si unisce alla terra, simboleggiata da quel Luogo abbracciato dal silenzio degli uomini e illuminato e riscaldato dalla pienezza di vita, cioè da Dio. La gioia dei pastori che vedono, adorano, si stupiscono, donano, e forse cantano con gli angeli, e annunciano ciò che hanno visto, diviene l’espressione di una umanità che a contatto con Cristo trova la dimensione vera del suo esistere, e loda, canta, si stupisce, contempla e annuncia.
Il Natale è festa perché l’umanità che lo accoglie gode dell’intimità di Gesù che si è fatto ospite di tutti, senza alcuna differenza, senza barriere, senza confini culturali, sociali, politici, religiosi. Questo è sconcertante! Le tenebre diventano luce; il silenzio diventa parola, la tristezza si trasforma in gioia e questo perché l’Eterno si fa tempo. È sconcertante il Natale di Cristo! Ancora oggi, soprattutto nella silenziosa Parola, nell’insignificante Pane eucaristico, nella persona che mi passa accanto Cristo ci sconcerta perché entra in noi, nelle nostre case, nella nostra società, nella nostra storia; si riveste dei nostri panni; si fa nostro ospite per rimanere in casa nostra. Ci accetta per come siamo, anche con i nostri peccati, ingratitudini, dimenticanze, scelte non condivisibili. Gesù non è schiavo della nostra cultura meritocratica, come non ha paura di contaminarsi entrando in casa nostra.
Sì, diviene peccato, ci dice San Paolo, ma sulla croce il perdono diventa nuova luce. Con il Natale la salvezza entra nella nostra vita rendendola condivisa. Le nostre notti hanno ceduto il posto alla luce che non conosce tramonto.
Ospitiamo allora Gesù nel cuore, nel nostro quotidiano, nelle nostre case, nei luoghi di lavoro e di dolore con la gioia di Maria, di Giuseppe, dei pastori, dei magi e delle moltitudini di donne e uomini, di anziani, di ragazze e ragazzi, di fanciulli che lo adorano con gioia e semplicità di cuore.
Contemplando il mistero della Santa grotta di Betlemme, auguro a ciascuno di voi che la pace di Betlemme sia nelle vostre case, nei vostri cuori e, per vostro tramite, giunga a tutti coloro che incontrerete, soprattutto a quelli che soffrono per solitudine o malattia.
Vogliate accogliere il mio affettuoso abbraccio di padre, di fratello, di amico in Cristo Gesù.
Vostro Don Pierino